Manuale di Volo Libero

Capitolo 3 - APPUNTI DI AERODINAMICA

CARICO ALARE E FATTORI DI CARICO

Il carico alare è semplicemente il numero di Kg che ogni metro quadrato di vela deve "portare in volo". Per conoscerlo esattamente è dunque sufficiente dividere il peso complessivo della "macchina volante" (pilota+imbrago+ala) per la superficie proiettata. I grandi carichi alari sono tipici dei velivoli estremamente veloci: è infatti necessaria un bella velocità per sviluppare una portanza dell'ordine dei quintali per mq, il tipico carico alare di un jet da combattimento.
I piccoli aerei da turismo, ben più lenti, volano con carichi alari di 50-80 Kg/mq. Non ci stupiremo, dunque, di trovare i lentissimi deltaplani e gli ancor più lenti parapendio ai livelli minimi della scala, con circa 8 e 4 Kg/mq rispettivamente.
La aerodinamica classica insegna che un maggior carico alare protegge dalle turbolenze (un volo in turbolenza su un DC10 senza passeggeri sarà più "duro" di un volo sullo stesso apparecchio a pieno carico). Tuttavia, proprio per la loro notevole lentezza, le ali da Volo Libero risentono meno della turbolenza rispetto a quanto questa regola lascerebbe supporre: essi, anzichè attraversarla in linea retta, subendone le enormi sollecitazioni, seguono la turbolenza (ne vengono trasportati) e questo riduce di molto gli effetti negativi.
D'altro canto sono proprio la lentezza ed il basso carico alare delle nostre ali ne limitano l'impiego a condizioni meteorologiche "tranquille".
Vi sono due modi per variare il carico alare, volando con una stessa ala:
  • Aggiungere peso (zavorrare, trasportare un passeggero) determinando un aumento di carico "costante";
  • Compiere manovre che inducono un aumento "temporaneo" del carico.

AUMENTO "COSTANTE"

In questo caso l'aumentato carico fa sentire i suoi effetti durante tutto il volo. La aerodinamica insegna che, su un'ala ideale (che non flette), il maggior carico alare ha l'effetto di innalzare tutta la gamma delle velocità, mentre non cambiano gli angoli di incidenza. Per capirci facciamo un paio di esempi.

ANGOLO DI INCIDENZA E VELOCITÀ DI STALLO

Supponiamo che un'ala possa volare (sia pur pericolosamente vicina allo stallo) con un angolo di incidenza pari a 27 gradi. Tale angolo non varia al variare del carico alare, ma varia invece la velocità alla quale il mezzo vola con questo angolo di incidenza: quando l'ala è poco caricata volerà (tenendo l'incidenza a 27 gradi) a 30 Km/h; invece, con carico massimo (zavorra o passeggero),pur mantenendo la stessa incidenza (27 gradi), la velocità sarà di 35-40 Km/h. In nessun caso è possibile rallentare ulteriormente (cioè superare i 27 gradi di incidenza); indipendentemente dalla velocità di volo, lo stallo ci attende, sicuro come poche altre cose al mondo. Ecco perchè si afferma che, aumentando il carico alare aumenta la velocità di stallo.

MASSIMA EFFICIENZA

Supponiamo che la nostra ala ideale (che non flette) abbia un'efficenza massima di 8:1; questo significa che, volando con un angolo di incidenza opportuno (ad esempio 16 gradi), è possibile, in aria calma, avanzare di 8 metri per ogni metro di quota perduto. Come vedete non abbiamo parlato di velocità, proprio perchè quest'ultima dipende dal carico alare: tenendo costante l'angolo a 16 gradi, con il minimo carico la velocità sarà di 38 Km/h, mentre a carico massimo la velocità potrà essere di 45-48 Km/h. In entrambi i casi, però, l'angolo di incidenza (16 gradi) e la massima efficienza (8:1) non cambiano. Ecco perchè si afferma che, aumentando il carico alare, aumenta la velocità di massima efficienza, ma non l'efficienza massima ottenibile.
Sarà ora più chiaro il motivo per cui non è molto corretto parlare di "velocità di stallo" o di "velocità di massima efficienza": il valore esatto di tali (e delle altre) velocità dipende dal carico. Molto più esatto è il riferirsi a qualcosa che rimane costante, indipendentemente dal carico, e cioè all'angolo di incidenza!

AUMENTO "TEMPORANEO"

Un discorso differente deve essere compiuto per le variazioni temporanee del carico alare che conseguono a manovre particolari. Quando un ala vola in volo planato uniforme e trasportando un carico "normale" (cioè compreso nei carichi indicati dal progettista), si dice che essa sta volando ad 1G. In altri termini, la forza peso che grava sulle ali e sulla struttura è soltanto quella dovuta alla forza di gravità (da cui G, appunto). Immaginiamo ora che il nostro pilota compia una ripida picchiata e, subito dopo, una cabrata, graduale ma decisa. Esso compirà una traiettoria circolare, su un piano verticale. Ebbene, per qualche istante il nostro pilota è sottoposto anche ad una forza centrifuga, che si somma a quella di gravità. Il suo peso apparente dunque aumenta, e può perfino raddoppiare o triplicare, giungendo a 2 o 3 G (due o tre volte il peso dovuto alla forza di gravità). Per questo, in alcune manovre "spericolate" (ad esempio nelle spirali strette o nei wing-over), il pilota sente il proprio corpo "schiacciato" contro l'imbrago. Se potesse "pesarsi" in quel momento scoprirebbe valori di 150-250 Kg, ed anche di più. E' dunque evidente che un'ala idonea al trasporto di 100 Kg di carico deve poter comunque resistere agli aumenti di peso apparente che un volo può comportare. Ecco quindi che, i costruttori, parlano di G: un'ala certificata per sopportare 6 G può dunque sopportare 6 volte il peso massimo trasportabile. 6 G sono in genere più che sufficienti nel Volo Libero, dal momento che l'uomo, senza strumenti particolari e senza allenamenti specifici, sopporta con difficoltà accelerazioni di 4 G e, a 5 G, perde conoscenza. Un aumento di peso apparente, come vedremo, si verifica anche durante la virata, e tale aumento è proporzionale alla velocità ed alla inclinazione (maggiore velocità e maggiore inclinazione=maggiore aumento di G)